Testata Giornalistica "Salic'è l'Espressino Quotidiano" iscritta al n° 8 del Registro della Stampa del Tribunale di Lecce del 4 luglio 2017.
Questa ondata critica e ostile si è tradotta, oltre che in una progressiva e generale avanzata dell’astensione al voto, in un declino delle diverse forme di adesione (identificazione, militanza) ai partiti tradizionali.
Se interloquiamo con i giovani emerge subito che le nuove generazioni (i “giovani di “oggi) sono più distaccate e critiche nei confronti della politica ufficiale, fortemente segnate dal clima di incertezza generale che attraversa la società.
Però dobbiamo chiederci se il distacco dei giovani che assume la forma di un rifiuto generalizzato della politica, ma anche un rifiuto circoscritto alla politica tradizionale, ufficiale, identificata con i partiti, può compromettere altre modalità di espressione dell’impegno politico e/o sociale.
In altri termini, si tratta di capire se i giovani sono meno partecipativi o diversamente partecipativi.
Le nuove generazioni vivono un crescente distacco dalla politica, un debole attaccamento alla democrazia. Sono più ciniche, distaccate, poco propense ad impegnarsi in politica
Insomma, le nuove generazioni si mostrano disincantate e distanti dalla politica, estranee alla cultura dell’impegno che aveva segnato profondamente le vicende biografiche delle generazioni precedenti.
Questi nuovi orientamenti non portano alcuna forma di mobilitazione nel pubblico.
La socialità avviene nella sfera privata o, al massimo, tra un ristretto gruppo di giovani.
Se è vero che le nuove generazioni, perlomeno in Italia, non sono responsabili dell’ondata ormai decennale di disaffezione politica, ciò non significa che non ne subiscano gli effetti.
Mentre in passato i partiti (di massa) garantivano l’inclusione di larghe fasce di popolazione, anche periferica, attraverso la mobilitazione ideologica ed una capillare presenza sul territorio, al giorno d’oggi il quadro è cambiato.
A differenza del passato, i giovani vivono le condizioni di una partecipazione politica e sociale più individualizzata, che da un lato sembra offrire maggiori opportunità e canali per esprimersi ma dall’altro si presenta più irregolare, episodica, meno vincolante, quasi completamente protesa fuori dalle istituzioni.
Il rischio, quindi, non è tanto quello di una presunta chiusura dei giovani nella sfera privata quanto di una marginalizzazione delle loro esperienze di partecipazione dentro ambiti ristretti, scarsamente visibili, dimenticati dal discorso pubblico.
Ed allora la politica deve cambiare direzione e comportamenti, deve saper interpretare il cambiamento dei giovani tenendo conto che i giovani stessi possono aggregarsi in ambiti ristretti anche se a rischio di marginalizzazione e che spesso lo fanno per “attirare l’attenzione di tutti” in modo che “qualcuno” possa soddisfare le loro esigenze, quasi mettendo a gara tra di loro i rappresentanti della politica tradizionale nell’intervenire per soddisfare le esigenze personali dei giovani.
In questo quadro la politica non può e non deve tirare per la giacchetta i giovani apatici, ma lasciare che maturino le proprie opinioni e che si compia il loro percorso “diversamente politico” anche se questo dovesse riservare loro amare delusioni.
Dico “diversamente politico” perché non è socialmente immaginabile che i giovani possano davvero aggregarsi agendo in senso apolitico ed apartitico: primo perché i partiti tradizionali non esistono più e quindi non si può essere il contrario di ciò che non c’è più, secondo perché non rientra nella natura dell’uomo essere apolitico in quanto
Pertanto tutte le aggregazioni con il tempo inevitabilmente finiscono per schierarsi, per convenienza, per illusioni e per natura, con una scuola di pensiero o a stare in un ambito sociale piuttosto che in un altro; la conseguenza è che i giovani, comunque aggregati, non possono sottrarsi ad una espressione di pensiero ed ad un comportamento sociale di parte.
Certamente la cosa peggiore sarebbe quella accaduta nel passato quando, sia a livello locale che nazionale, le aggregazioni giovanili, apparentemente libere dagli schieramenti politici, si sono invece rivelate una copertina/copertura per “fare politica” a piacimento dei “grossi avvoltoi” che svolazzavano intorno ai giovani ma al di sopra delle loro teste tanto da riservare le comode poltrone per loro e le briciole buttate dalla finestra ai giovani che eseguivano gli ordini e “stampavano volantini” a comando e senza batter ciglio.
O peggio ancora quando a causa di promesse fatte a giovani sotto altre forme aggregati puntualmente chi avrebbe dovuto gestire la cosa pubblica ha invece fatto lucrare il privato a spese di tutta la comunità e del patrimonio pubblico dissipato e distrutto.
Ed allora la politica non solo deve cambiare direzione, come dicevo prima, ma deve anche riformare i suoi statuti e regolamenti in modo da creare forme di responsabilità apicale per i giovani, deve incoraggiarli a formare la nuova classe dirigente secondo la loro concezione della vita; la politica deve svecchiarsi ma deve anche saper accogliere tra le proprie fila i giovani ai quali piace davvero fare politica per il gusto di farla e non per altre motivazioni personali…perché solo se i bottoni dei comandi della politica passano ai giovani può essere messo in atto quel processo di cambiamento dell’Italia e della società che i giovani desiderano.
Salice Salentino 02.11.2012
Il Segretario Cittadino di IO SUD-GRANDE SUD
Antonella PERSANO
Componente del Consiglio Provinciale e Regionale
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